Covid-19: ora torniamo alla normalità

Ad oggi in Italia la situazione pandemica determinata dal virus SARS- CoV2 appare a distanza di due anni decisamente diversa rispetto all’inizio. Ne parliamo con la dottoressa Elena Rosella, medico infettivologo del centro Monza Medicina.

“Il virus è diventato meno aggressivo”

“Come già accennato nel precedente articolo di metà dicembre scorso, l’affacciarsi della variante virale Omicron della malattia da Covid-19 poteva essere una buona notizia, come adesso confermato dallo stato dei fatti. Questo non deve stupire, in quanto il virus si è adattato bene all’uomo, grazie anche alla pressione selettiva effettuata dalle vaccinazioni, diventando così meno aggressivo e più diffusibile tra la popolazione. In passato, infatti, i Coronavirus, a cui appartiene anche l’agente infettivo del Covid-19, determinavano nell’uomo dei semplici raffreddori” spiega la dottoressa Elena Rosella.

“Successivamente, prima con il virus SARS- CoV e poi con il virus MERS-CoV, i Coronavirus effettuavano ‘un salto di specie’ da altri serbatoi animali, facendo la loro comparsa come nuovi agenti infettivi nella specie umana. Infine, è arrivato SARS-CoV 2: agente infettivo della malattia da Covid-19 – aggiunge la specialista del Mome – Quale sia stata la sua provenienza è ancora da chiarire, ma è probabile che arrivi dal pipistrello e che attraverso un passaggio in altre specie animali (potrebbe essere successo negli animali selvatici usati per l’alimentazione umana in Cina) sia giunto all’uomo, determinando in questo modo grandi danni, in quanto sconosciuto al nostro sistema immunitario. Il virus, in due anni di elevata riproduzione nell’uomo e grazie alle vaccinazioni, si è andato adattando, mitigando la propria aggressività”.

“I non vaccinati devono stare più attenti a non contrarre l’infezione”

“Purtroppo diverso è il discorso nei soggetti non vaccinati, che devono stare più attenti a non contrarre l’infezione naturale, in quanto potrebbe determinare in un soggetto recettivo (ossia che non ha mai incontrato l’agente  infettivo) gravi conseguenze per la propria salute – sottolinea la specialista Rosella – Omicron invece nei soggetti vaccinati con due dosi, e ancor più nei soggetti che hanno già ricevuto la terza dose, risulta meno aggressivo (in gergo meno virulento), in quanto trova un sistema immunitario già condizionato alla produzione di anticorpi specifici contro di esso”.

“Adesso torniamo alla normalità”

“In Italia, dove la soglia dei vaccinati supera il 90%, possiamo pensare al prossimo futuro con ottimismo e quindi alla progressiva normalizzazione della nostra quotidianità, come in parte sta già accadendo – continua la dottoressa Rosella – Se poi il virus andasse incontro a recrudescenze stagionali, ossia divenisse endemico, noi tutti saremmo già in grado di fare prevenzione; questo grazie all’igienizzazione delle mani, all’uso delle mascherine e delle vaccinazioni, con cui abbiamo già imparato a difenderci”.

L’importanza della vaccinazione

“Dunque è importantissimo vaccinarsi, in particolare chi non l’ha ancora fatta. E questo anche se i vaccini disponibili oggi sono stati progettati sul virus di due anni fa (wild type) perché comunque proteggono dalle complicanze più gravi della malattia da Covid-19. Qualcuno potrebbe obiettare a ciò che è meglio contagiarsi con la malattia naturale rispetto a proteggersi con la vaccinazione, ma questo è falso perché, in caso di malattia grave come questa, purtroppo non è noto l’esito finale sul singolo individuo” aggiunge la specialista del centro Mome.

La composizione dei vaccini utilizzati in Italia

“Non parlerò di quelli a vettore virale quali Astra Zeneca e Jonhson & Jonhson che attualmente sono meno utilizzati, ma mi focalizzerò sui vaccini a mRNA messaggero (Pfizer e Moderna) e Novavax. La metodica con cui sono stati progettati i vaccini a mRNA messaggero era stata pensata nell’ambito oncologico, ma era ancora in fase sperimentale in tale ambito. In seguito alla comparsa del virus SARS-CoV2 degli scienziati hanno pensato di utilizzarla per produrre vaccini

‘mirati’ contro tale virus e questo perché la metodica permette di ‘cucire’ un ‘abito sartoriale’ a secondo della necessaria molecola proteica contro cui occorre produrre anticorpi. Nella sostanza, si inducono le cellule del sistema immunitario a produrre la molecola proteica Spike contro cui occorre immunizzarsi, facendo entrare nella cellula un RNA messaggero attraverso un vettore lipidico con l’informazione genetica per produrla – sottolinea la dottoressa Rosella – L’RNA messaggero porta le istruzioni a livello dei ribosomi che sono organelli della cellula stessa inducendola a produrre nel citoplasma ciò che serve. Questo materiale genetico è a RNA e quindi in nessun modo può entrare nel nucleo e creare alterazioni genetiche ed oltretutto tale messaggero dura solo pochi giorni giusto il tempo per dare le istruzioni giuste”.

“Il vaccino Novavax invece è un vaccino proteico prodotto con una tecnica più tradizionale usata da tempo nella produzione di vaccini. Esso utilizza la tecnica del DNA ricombinante che prevede l’inserimento di materiale genetico codificante la proteina Spike di Sars-CoV-2 in microorganismi (Baculovirus) nella linea cellulare di un insetto (specie Spodoptera frugiperda). Per essere meglio riconosciuto dal sistema immunitario usa come ‘riflettore’ l’adiuvante Matrix M (che è un estratto di Quillaja saponaria Molina) – conclude la dottoressa – Può essere conservato in frigo fra 2 e 8 gradi; l’efficacia del vaccino è elevata (superiore al 90 %) e può essere somministrato dai 18 anni in su. Pertanto la metodica di produzione e di conservazione è nota da anni e usata per produrre numerosi vaccini in commercio per la prevenzione di varie malattie virali e batteriche come per esempio il vaccino contro l’epatite B e il Meningococco B”.

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